Questa illustrazione in stile vintage anni '50 si adatta perfettamente all’articolo sullo sfregio permanente al viso, per cui è stata sollevata questione di legittimità costituzionale, dello Studio Legale Zampaolo. La scena raffigura l’alterco avvenuto durante una festa in piscina, un momento di tensione che richiama il caso concreto trattato nell’articolo. L’immagine cattura l’escalation della violenza tra due uomini, uno dei quali afferra con forza l’altro, evocando la dinamica dello scontro che ha portato a una lesione permanente. Gli sguardi attoniti degli ospiti e l’elegante ambientazione retrò contribuiscono a sottolineare il contrasto tra la spensieratezza del contesto e la gravità dell’evento, rendendo visivamente il tema della proporzionalità della pena e delle implicazioni giuridiche sollevate nella vicenda giudiziaria.

La questione sollevata sullo sfregio permanente al viso

Il Tribunale di Catania ha sollevato un’importante questione di legittimità costituzionale sull’art. 583-quinquies del codice penale, rubricato “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, delitto che punisce con la reclusione non inferiore a 8 anni sia la deformazione che lo sfregio permanente del viso, senza distinguere tra le due diverse tipologie di lesione.

Sfregio permanente al viso: il fatto

Il caso concreto riguarda un episodio avvenuto durante una festa in piscina, dove l’imputato, durante una colluttazione, aveva strappato con un morso parte del padiglione auricolare della vittima, causandogli uno sfregio permanente al viso. Come evidenziato nell’ordinanza, 

“il forte inasprimento sanzionatorio stabilito nel 2019 dal legislatore in relazione alle condotte violente causative di sfregi permanenti ha comportato delle intime, manifeste disarmonie nel sotto-sistema normativo composto dalle disposizioni di cui agli articoli 582 e seguenti del codice penale”.

La disomogeneità nei casi di deformazione

Il Tribunale sottolinea un aspetto particolarmente critico:

 “può ben ritenersi, ad oggi, che in relazione a fatti caratterizzati da estrema offensività – la causazione delle lesioni gravissime previste dall’art. 583, comma II del codice penale, sanzionata mediante la previsione di un’aggravante ad effetto speciale, o le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, a titolo di autonoma fattispecie di reato – sia prevista la pena minima di 6 anni di reclusione, mentre per fatti di portata offensiva oggettivamente inferiore (sfregi permanenti non particolarmente gravi) sia prevista un’autonoma fattispecie delittuosa caratterizzata da una pena minima considerevolmente ed ingiustificatamente superiore al sopracitato limite edittale, ossia 8 anni di reclusione.”

Sfregio permanente al viso: aspetti critici

L’ordinanza evidenzia inoltre come “dal punto di vista medico-legale lo sfregio costituisce una menomazione estetica certamente di minore gravità rispetto alla deformazione del volto, poiché letteralmente si riferisce a qualsiasi minorazione del fregium, cioè dell’armonia o della bellezza del volto. Deformazione, invece, significa il sovvertimento strutturale, sfigurazione e quindi deturpazione del volto così da renderlo disgustoso o da suscitare raccapriccio, ripugnanza o ribrezzo nell’animo di chi l’osservi.”

Il giudice ha quindi sollevato la questione di legittimità costituzionale anche in relazione alla pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno, prevista obbligatoriamente in caso di condanna senza alcuna possibilità di graduazione.

Ora la palla alla Corte Costituzionale

La questione assume particolare rilevanza considerando che, come sottolineato nell’ordinanza,

“l’art. 583-quinquies del codice penale rientra nel catalogo previsto dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario”, con la conseguenza che il condannato non può accedere ai benefici penitenziari se non dopo aver trascorso almeno un anno in carcere sotto osservazione scientifica, anche qualora la pena finale fosse inferiore a quattro anni.

La Corte Costituzionale dovrà ora valutare se questa rigidità normativa sia compatibile con i principi di ragionevolezza, proporzionalità e finalità rieducativa della pena sanciti dalla Costituzione.

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