Interrogatorio prima della misura cautelare – perché?

Con l’entrata in vigore della Riforma Nordio, a partire dal 25 agosto 2024, il comma 1-quater dell’art. 291 del Codice di Procedura Penale apporta una modifica significativa al sistema delle misure cautelari (come può essere la custodia cautelare in carcere). Tale nuova norma, infatti, prevede che il giudice debba procedere all’interrogatorio della persona indagata prima di applicare una misura cautelare, salvo determinate eccezioni. In realtà, tale obbligo non si applica quando sussistano esigenze cautelari legate al rischio di inquinamento probatorio o al pericolo di fuga dell’indagato (ex art. 274 comma 1, rispettivamente lett. A e B).

A una prima lettura, nonostante tali limitazioni, la norma potrebbe comunque apparire come un passo verso il rafforzamento delle garanzie difensive.

Tuttavia, la sua reale portata emerge limpidamente attraverso una lettura a contrario: in realtà, l’interrogatorio anticipato rappresenta un’eccezione piuttosto che una regola generale. Di fatto, le circostanze in cui l’interrogatorio è obbligatorio si riducono drasticamente di fronte a delitti gravi, come quelli previsti dall’art. 407, comma 2, lettera a), o commessi con violenza o armi. Limiti evidentemente forti rispetto all’utilizzo di questo strumento in chiave difensiva.

Interrogatorio prima della misura cautelare – mancanza di chiarezza

Oltre a ciò, la nuova disposizione è resa ulteriormente problematica dalla mancanza di chiarezza sull’interpretazione di alcuni termini cruciali.

Saranno, infatti, le interpretazioni giurisprudenziali a stabilire se con il termine “sussista” il legislatore abbia inteso riferirsi alle esigenze prospettate dal Pubblico Ministero o a quelle valutate dal Giudice per le indagini preliminari. E poi, come si dovrà procedere nei casi in cui vi siano più indagati, con la possibilità che alcuni abbiano diritto all’interrogatorio anticipato e altri no?

La struttura normativa sembra, purtroppo, poco armonica e risente di una certa confusione concettuale. Si evidenzia che lo stesso reato può, in ipotesi, rilevare più volte nelle diverse disposizioni citate (ad esempio, un omicidio tentato può ricadere sia nella categoria dei reati di cui all’art. 407 lett. a) n. 2, sia nell’art. 361 1-ter, oltre che tra i reati commessi con violenza personale).

Inoltre, il nuovo art. 291 c.p.p. stabilisce che la richiesta di applicazione della misura cautelare e gli atti relativi debbano essere depositati in cancelleria prima dell’interrogatorio, con la possibilità per la difesa di prendere visione e copia di tali atti, comprese le intercettazioni. Questo meccanismo, benché in linea con il principio di trasparenza, rischia di complicare ulteriormente una già complessa gestione delle indagini e delle esigenze cautelari.

Conclusione amara sulla Riforma

Sotto la superficie di un apparente rafforzamento delle garanzie procedurali, la riforma rivela delle crepe profonde. Invece di fornire un sistema più equo e garantista, rischia di appesantire ulteriormente le procedure, con il pericolo di lasciare spazio a interpretazioni ambigue e discrezionali. Il richiamo a norme e cataloghi non sempre pertinenti genera confusione e rischia di compromettere l’efficacia del sistema cautelare.

In sostanza, una riforma che, per come è concepita, rischia di creare più problemi di quanti non ne risolva. Nel caso migliore, potrebbe rivelarsi semplicemente inutile.

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